Davide Benedetto ed Elisabetta Zammataro in “Il linguaggio dei Colori”.

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Davide Benedetto ed Elisabetta Zammataro, hanno iniziato a collaborare insieme da 6 mesi. Inizialmente, hanno cominciato a realizzare video a carattere pubblicitario, fino ad arrivare a realizzare un cortometraggio dal titolo “Il Linguaggio dei Colori”. Vi riportiamo di seguito l’intervista che ci hanno gentilmente rilasciato.

Ciao ragazzi da quanto tempo avete avviato una collaborazione lavorativa?

–          -Ciao, Innanzitutto vi ringraziamo per l’opportunità che ci state dando, con Elisabetta ci conosciamo da ormai un anno se non più, la nostra collaborazione lavorativa è iniziata circa 6 mesi fa, quasi per gioco, realizzando vari video a carattere pubblicitario, e ci siamo poi voluti cimentare nel nostro primo vero lavoro cinematografico con un cortometraggio.

Di cosa vi occupate?

–         – Ognuno di noi coltiva interessi diversi, io per esempio sono Laureato in Decorazione Pittorica, mentre Elisabetta è laureanda in Chimica e Tecnologia Farmaceutica.

Raccontateci che cos’è il linguaggio dei colori.

–        –  «Il Linguaggio dei Colori» rappresenta una sorta di esperimento sociale nato dopo aver visitato l’ospedale psichiatrico Giudiziario di Barcellona P.G.  e dalla successiva raccolta di informazioni e studi sulla malattia mentale e le psicopatologie in particolare. Ovviamente ci siamo dovuti soffermare anche per scelta artistica su due patologie nello specifico, il Disturbo Borderline della personalità e il Bipolarismo, queste forme di malattia mentale associate all’arte, la quale rappresenta una valvola di sfogo per il soggetto affetto da tali disturbi, vuole essere una sorta di mash up dello studio condotto dal pittore Bruno Caruso all’interno dei manicomi criminali, e la sapiente tecnica cinematografica di registi del calibro di Kubrick, Nelo Risi, Hitchcock, Forman e molti altri che dal ’48 all’ ’88 hanno segnato la storia della cinematografia stessa. Con questo non vogliamo assolutamente affermare o paragonarci a loro, sarebbe impensabile, ma abbiamo trovato le loro opere e il loro modo di vedere il mondo ispirante.

Il Linguaggio dei Colori rappresenta quindi una visione introspettiva di una ragazza costretta a convivere con determinati disturbi e problemi che la portano alla costruzione di una sua realtà alternativa che mette in risalto le figure fondamentali dell’io e del proprio subconscio, cercando in tutti i modi di combattere e confrontarsi con le sfaccettature create dalla situazione in cui versa.

Oltre a questo progetto avete mai collaborato insieme?

–          -Si abbiamo già collaborato come abbiamo detto prima ad alcuni prodotti pubblicitari, ma questo è il nostro primo lavoro impegnativo.

A cosa ambite dal punto di vista lavorativo?

–        –  Credo che dal punto di vista lavorativo, le strade che intraprenderemo saranno nettamente diverse, anche perché dettate dagli ambiti di studio di riferimento, nonostante però la convergente visione artistica.

Raccontateci delle vostre passioni che vi hanno sollecitato ad intraprendere la vostra attuale carriera.

–         – Credo che il punto d’incontro delle nostre passioni sia stato il nostro interesse per il cinema e la voglia di mettersi in gioco, anche dovuto al mondo in cui viviamo che risulta essere diventato apatico e distante dai problemi che da sempre caratterizzano coloro che risultano essere affetti da tali patologie e quindi etichettati dalla massa come “malati da evitare” e/o “diversi”. Abbiamo dunque voluto utilizzare la settima arte come mezzo di comunicazione per trasmettere questo messaggio. Quindi abbiamo sentito il dovere di portare all’attenzione di tutti un problema che sembra essere stato dimenticato per paura o indifferenza.

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